Città di carta – RECENSIONE

Tratto dal romanzo omonimo di John Green (l’autore del celebre “Colpa delle stelle”), “Città di carta” introduce due personaggi che rappresentano le categorie principali degli studenti americani: Quentin, il classico ragazzo sfigato, che passa le giornate con i suoi due migliori amici a giocare ai videogiochi e a farsi pippotti pensando a Margo, la ragazza più cool del liceo che, ogni tanto, sparisce alla ricerca di avventure mirabolanti.
Una notte, Margo si presenta alla finestra del ragazzo, come farebbe ogni persona normale e lo invita ad accompagnarla per la città a fare cose (come lanciare pesci negli armadi o avvolgere automobili nella pellicola da cucina).
Dopo quella notte fantastica, in cui Quentin si è sentito per la prima volta carico di adrenalina, Margo sparisce nel nulla.
Dimostrando un’abilità da 007, Quentin riesce a decifrare degli indizi lasciati dalla ragazza e, tramite essi, potrà ritrovare la sua amata (che, a diciotto anni, è libera di viaggiare per l’America senza che i genitori esprimano il loro disappunto. Ma questa è un’altra storia).
Il finale lascia un vago senso di perplessità e di amaro in bocca: dovrebbe essere una fine struggente, malinconica ma, forse per l’interpretazione, forse per la frettolosità della scena, ciò non traspare, lasciando quasi indifferente lo spettatore.
Per chi cerca un film adolescenziale, incentrato principalmente sull’amore e sul viaggio, che abbia una acerba e mediocre attrice come protagonista – Delevingne pareva quasi distaccata dal ruolo che stava interpretando, tanto da non trasmettere nulla, sia a livello di interpretazione, sia a livello carismatico -, questo è il film ideale.